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(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 57

 

SEGRETI E BUGIE

 

(PARTE SESTA)

 

 

CUORE DI TENEBRA

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Natalia Alianovna Romanova, conosciuta negli Stati Uniti come Natasha Romanoff ed ancor più come la letale Vedova Nera, guarda ancora il suo mentore Ivan Petrovitch ferito anche se non in pericolo di vita. Starà bene, si dice: vivrà ed è questo che conta.

            Si volge verso l’uomo che ha dato a Ivan l’incarico che l’ha portato sin qui ed ha portato anche lei per salvarlo:

-No.- risponde Simyon Borisovitch Kurasov, il Re dei Ladri di Mosca, prima ancora che Natasha abbia fatto la domanda –Non ti aiuterò contro Ivan Pushkin. Pensare di invadere la sua fortezza di Borivichi è da pazzi con i mezzi che abbiamo, ho già perso troppi uomini in quest’impresa. Quello che posso fare per te, Natasha, è riportare indietro Ivan.-

-Capisco Simyon Borisovitch ma…-

            Prima che la Vedova Nera possa finire la sua frase si ode un rumore e i presenti alzano istintivamente gli occhi: un piccolo velivolo a decollo ed atterraggio verticale si sta posando sul terreno vicino a loro. Sulle sue fiancate è evidente il simbolo dello S.H.I.E.L.D.

            Dopo un attimo, accompagnato da altri due agenti, ne scende un uomo dal fisico ancora atletico, e il portamento eretto, i cui capelli, un tempo castani, ora son quasi del tutto bianchi. Indossa la tipica divisa dello S.H.I.E.L.D. ed è chiaro che è un pezzo grosso.

Ah… товарищ Полковник[1] Brevlov.- esclama KurasovLa sezione russa dello S.H.I.E.L.D. si interessa alla mia umile persona adesso?-

            Yuri Brevlov, fa una smorfia e risponde:

-Compagno è un termine che non si usa più da decenni e il mio grado adesso è un altro, quanto al resto…il giorno che mi interesserò ai tuoi piccoli traffici, Simyon Borisovitch. Non ti accorgerai nemmeno che ti sarò piombato addosso, puoi credermi… ma non sono qui per te… sono venuto per lei.- e indica la Vedova Nera.

-Me?- esclama Natasha sorpresa –Perché?-

-Sono accadute un po’ di cose da quando sei partita da Mosca, Natalia Alianovna.- risponde con apparente calma Brevlov –Vazhin è stato destituito da direttore del F.S,B,[2] e sostituito da un giovane arrivista di nome Vladimir Menikov[3]  Gli amici di Vazhin sono caduti in disgrazia e tu… per l’F.S.B. sei “persona non grata”[4] in tutta la Federazione Russa. Forse hanno già un mandato di arresto per te e Kurasov.-

            Natasha era sbalordita.

-Ma non è possibile… io sono stata reintegrata come cittadina russa dal Presidente in persona. Che ne dice lui?-

-Ahimè il Presidente non mi onora delle sue confidenze e dopo la cacciata di Vazhin nemmeno i servizi russi.-

            L’intera conversazione si è svolta in Russo e Paladin si avvicina dicendo:

-Scusate, ma il mio Russo non è poi così buono e non ho capito granché. Che sta succedendo?-

            Natasha e Brevlov glielo spiegano in Inglese e poi Brevlov aggiunge, sempre nella stessa lingua:

-Nick Fury mi ha chiesto di darvi un passaggio sicuro fuori dalla Russia.-

-Adesso siamo fuori dalla Russia.- ribatte la Vedova -Siamo in Afghanistan o forse in Pakistan, non sono stata attenta alle linee di confine. Qui il Cremlino non ha alcun potere e perfino tu sei fuori dalla tua giurisdizione Yuri.-

-La Sezione Asia Centrale è perfettamente al corrente della mia presenza qui e quel che le autorità locali non sanno, non può far loro male.- replica, pacato, Brevlov –Io agisco per conto del vecchio Nick dopotutto. Dammi retta, Vedova e seguimi senza fare storie. Pensa al tuo Ivan e lascia le vendette ad un altro giorno.-

-Tasha…- inizia a dire Paladin ma un’occhiata di lei lo gela.

            Natasha stringe i pugni. Sa che hanno ragione e che non ha senso ostinarsi. La resa dei conti con l’uomo che chiamano Ivan il Terribile dovrà aspettare… ma alla fine ci sarà.

            Dopo aver salutato Kurasov ed essersi assicurata che il suo Ivan sia trattato bene, si avvia al velivolo di Brevlov seguita da Paladin.

 

            Nina McCabe non sa esattamente come sentirsi: una parte di lei, quella che è pur sempre una ragazza di soli 18 anni, è decisamente eccitata di fronte alle prospettive che ha di fronte, ma un’altra parte non può non chiedersi il significato del giro dell’oca a cui sembra che il suo committente la stia sottoponendo.

            Seduta sul letto della sua stanza in uno dei migliori alberghi del piccolo paese caraibico di Isla Suerte, Nina osserva pensosa un cellulare del tipo usa e getta posato sul letto assieme alla documentazione con le istruzioni: in cambio di nuove informazioni sui veri assassini del dittatore del Raphastan, il suo misterioso committente vuole che lei uccida un boss messicano della droga, un tipo viscido, del genere che meriterebbe non una ma mille morti.

            Nina esita… ripensa a come si è sentita quando ha ucciso quel giapponese,[5] di come stava quasi per vomitare, ma è passata: ora è un’assassina a pagamento, deve accettarlo e poi il bersaglio che le hanno indicato è un porco, farà solo un favore al mondo se lo ucciderà. Magari chi l’ha assoldata è qualcuno che ha deciso di colpire quelli che sfuggono alla giustizia e si credono al riparo da essa.

            Prende il cellulare e lo accende. Come le avevano detto, c’è un solo numero in memoria, probabilmente un altro cellulare usa e getta. Preme il tasto corrispondente e quando sente rispondere dice una sola frase:

-Sono Cigno Nero: accetto.-

            La comunicazione s’interrompe e Nina è di nuovo sola coi suoi pensieri.

 

            Mio padre si sta divertendo, ne sono certo: i suoi due figli si battono fra di loro ed i suoi altri nemici sono pressati dalle sue squadre di assassini e comunque vada a finire lui pensa di emergerne vittorioso.

-Tu cadrai Shang Chi – mi dice Ombra Mobile, il fratello che non sapevo di avere e che mio padre ha allevato per essere quel fedele assassino che io mi sono rifiutato di essere.

            Ho smesso di tentare di farlo ragionare, non ho altra scelta che sconfiggerlo… sempre che ne sia capace visto che è bravo quanto me... e forse di più.

            Ombra Mobile salta sferrandomi un calcio della tigre, ma prima che possa completarlo si ode uno sparo. Un altro sarebbe stato colpito in pieno ma Ombra Mobile rotea su se stesso ed il proiettile gli sfiora la tempia facendolo cadere e perdere i sensi.

            Mi volto e vedo Clive Reston.

-Mi era sembrato che ti facesse comodo un po’ d’aiuto.- mi dice l’agente del MI6. Possiamo essere diversi come temperamento e stile di vita ma è uno dei pochi a cui affiderei la mia vita senza riserve.

-Chi è quel tizio.- chiede.

-Mio fratello.-

-Avevo notato la somiglianza.-

-Se lor signori si degnano di dare una mano a me e Tarr ve ne saremmo grati.- urla Leiko Wu, la donna che un tempo ero convinto di amare e che è stata anche la donna di Reston,

            Ha ragione: gli uomini di mio padre li hanno messi alle strette, bisogna aiutarli. Mi getto in mezzo gli avversari, colpisco usando mani e piedi, evito colpi di pugnale e proiettili, abbatto più nemici che posso. Detesto la violenza ma pare che sia inevitabile per me praticarla.

-Quell’uomo è peggio di un ciclone.- sento commentare Black Jack Tarr.

-Già…- replica Reston -… mi sa che Fu Manchu ha sottovalutato il suo figlioletto anche stavolta.-

            Spero che non si sbagli.

 

 

2.

 

 

            Durante il viaggio di ritorno negli Stati Uniti Natasha rimane silenziosa e nemmeno i tentativi di Paladin la scuotono. Ogni tanto si alza per controllare le condizioni di Ivan Petrovitch e non prova nemmeno a dormire.

            All’arrivo a New York Ivan, accompagnato dalla Vedova Nera e da Paladin viene trasferito su un elicottero che prende il volo verso il Lower East Side per atterrare poco dopo sul tetto dell’Howard A. Stark Memorial Hospital, dove viene preso in consegna dal dottor Keith Kincaid, medico dei Vendicatori, già avvertito in precedenza.

-La ferita è grave, ma è stato curato bene, sia pure in maniera sommaria.- dice subito Kincaid.

-Uno dei nostri amici è un esperto di medicina d’emergenza.- spiega la Vedova.

-E dove è successo?-

-Afghanistan... o forse Pakistan, non ci ho badato molto.-

            Kincaid fa una smorfia, poi scuote la testa. Forse è meglio non fare domande… ma c’è una cosa che deve assolutamente chiedere:

-Perché l’avete portato fin qui? Avete corso un bel rischio.-

-Mi creda, dottore… - intervenne Paladin -… non c’erano alternative.- esitò un attimo, poi disse –Avete un accordo di privacy con I Vendicatori in questo ospedale o sbaglio? Niente domande a parte quelle strettamente cliniche, giusto? Lo rispetti.-

            Kincaid stringe le labbra, poi risponde:

-Va bene… ora lasciatemi lavorare. Ci vediamo dopo.-

-Ma…- inizia a dire la Vedova ma Paladin la afferra per un braccio e la porta verso una fila di sedie costringendola a sedersi. Natasha rimane seduta in silenzio per un po’, poi, con voce pacata, dice:

-Non provarci mai più, Paul.-

-Cosa?- esclama Paladin.

-Trattarmi così… la prossima volta che lo fai, ti spezzo il braccio.-

            Paladin non dubita nemmeno per un secondo che stia parlando sul serio, ma non ha tempo di pensarci: Kincaid sta venendo verso di loro e Natasha scatta in piedi come spinta da una molla.

-Sta bene e se la caverà.- dice il medico –Gli ho fatto somministrare un sedativo e dormirà diverse ore. Anche se ha una fibra forte, ha bisogno di molto riposo… cosa che consiglierei anche a voi.-

-Credo che lei abbia ragione, dottore.- ammette Paladin –Su, Natasha, qui non serviamo a niente, per ora.-

            A malincuore Natasha si dice d’accordo. Mentre si avviano verso l’uscita, una giovane donna dai capelli neri e corti li ferma:

-Mi scusi, Miss Romanoff… sono Hannah Fairmont dell’amministrazione, dovrebbe firmare questi fogli.-

-Cosa….? Di che si tratta?-

            La donna ha un’aria imbarazzata,

-Beh… lei è un Vendicatore e come tale gode in quest’ospedale di assistenza gratuita per sé ed i suoi familiari, ma… non è… uhm… in servizio attivo e deve firmare quest’impegno per godere del beneficio…-

-L’uomo che considero un padre è ferito gravemente e lei pensa ai soldi? Io…-

            Paladin interviene sfoggiando uno dei suoi più smaglianti sorrisi:

-Mrs. Fairmont… Hannah… la prego di scusare Natasha… è molto scossa, lei capisce, vero? Avrà la firma che vuole se solo…-

            Natasha strappa la penna alla donna e con rapidità firma tutti i fogli, poi si avvia all’uscita.  Paladin la segue dopo aver fatto un breve inchino alla ragazza.

-È stato un incontro piacevole Mrs. Fairmont, spero che il prossimo lo sarà di più.-

            All’esterno, Natasha si rivolge a Paladin:

-Non riuscivi proprio a fare a meno di flirtare con… con quella segretaria? Oltretutto è sposata… aveva una fede al dito…-

-Aveva… infatti…- precisa Paladin -Ora c’è solo il segno… magari è divorziata. Non ti facevo un tipo geloso, Tasha.-

-Io gelosa di Te? Non scherzare… ma non mi piace vederti fare figure ridicole.-

            In quel momento il cellulare di Paladin emette una leggera vibrazione. L’avventuriero controlla il messaggio ricevuto e borbottando ripone l’apparecchio.

-Che c’è?- chiede Natasha.

-Nulla… solo un’offerta di lavoro. La rifiuterò…non è il momento.-

-A causa mia?- ribatte la Vedova Nera –Vai tranquillo: io me la so cavare da sola, me la sono sempre cavata da sola e continuerò a farlo.-

            Così dicendo, fa uscire dal suo bracciale destro un filo sottile che si attacca ad un vicino cornicione consentendole di spiccare un salto verso l’alto ed allontanarsi mentre Paladin la osserva sparire.

 

            Sul grosso aereo c’è spazio per molta gente ed è quasi una sorpresa per Rick Mason scoprire che sono solo in cinque: due piloti e tre altri agenti dello Spettro Nero tra cui lui stesso nelle mentite spoglie dell’ex terrorista irlandese Sean O’Donnell… poi, naturalmente, c’è lei… Nekra, la letale Nekra, che va in giro praticamente seminuda e che sembra averlo preso in simpatia… e Mason pensa che è come essere simpatici ad un cobra.

-Dove stiamo andando?- le chiede. Quella simpatia può essere utile dopotutto.

-Carson non te l’ha detto?- ribatte Nekra con un sogghigno.

            Carson era Carson Knowles, lo Spettro Nero in persona.

-No… non godo delle sue confidenze.-

            Nekra ridacchia prima di rispondere:

-Beh… andiamo a fare quel sappiamo fare meglio: un assassinio politico.-

 

            Elektra Natchios osserva il suo nuovo appartamento, la sua nuova gabbia, per meglio dire. Si può essere prigionieri anche senza sbarre alle finestre o serrature a bloccare le porte. Nel momento stesso in cui aveva accettato le condizioni di Harold Howard era diventata sua senza possibilità di scampo: una schiava senza catene visibili, una cagnolina con il guinzaglio più lungo del mondo.

Certo lei non era una cagnetta da passeggio, ma un mastino le cui fauci potevano sbranare le prede con grande facilità, ma era pur sempre al guinzaglio e per colmo di ironia se lo era messo volontariamente. Ormai dipendeva da Howard per la sua libertà: lui l’aveva salvata da un inevitabile arresto, lui le aveva fornito nuove identità di copertura, sempre lui aveva provveduto alla protezione dei suoi amici salvandoli dalla Mano. Già… la Mano: dopo tutti questi anni non avevano cessato di tormentarla: l’hanno incastrata per un omicidio che non ha commesso, hanno rivelato le prove dei suoi effettivi delitti, ne hanno fatto una ricercata internazionale e a New York c’è un uomo che aspetta solo di vederla in carcere, un uomo che in un’altra vita avrebbe potuto chiamare amico.

Un insistente bussare la strappa ai suoi pensieri. Apre la porta per trovarsi di fronte a John Garrett.

-Muoviti, baby.- le dice –Dobbiamo partire.-

-Arrivo.- risponde Elektra.

            La Mano dovrà imparare che una belva bisogna ucciderla: ferendola la si rende solo più feroce, esattamente come lei adesso.

 

 

3.

 

 

            Sabrina Morrell, tenente della Squadra Omicidi del Dipartimento di Polizia di San Francisco, americana di nascita ma di ascendenze miste sia francesi che giapponesi, si sta facendo una doccia corroborante prima di andare al lavoro. L’acqua calda le scorre lungo la schiena scivolando sul tatuaggio a forma di drago che la ricopre dalle scapole sin quasi all’attaccatura del sedere, un tatuaggio che testimonia la sua appartenenza ad una setta che ha giurato di combattere la Yakuza, la versione giapponese della Mafia,[6] con ogni mezzo. Pochi hanno avuto il privilegio di vedere il tatuaggio nella sua interezza: chi gliel’ha fatto, il suo sensei e gli uomini della sua vita, una specie rara, ahimè, negli ultimi tempi, ed ancor meno persone ne conoscono il vero significato.

            Sabrina termina la doccia e dopo essersi asciugata si veste: biancheria intima nera, camicetta bianca, jeans ed una fondina ascellare per custodire la pistola d’ordinanza: una SIG Sauer P226 caricata con proiettili 40 S&W.[7] Ad una fondina più piccola assicurata alla caviglia destra ha sistemato un’altra arma più personale: una Browning 9mm. Dopo aver controllato l’efficienza delle armi si infila un giubbotto di pelle e si prepara ad uscire quando squilla il telefono cellulare, telefonata di servizio, guai in vista. Poche brevi frasi ed il Tenente Morrell è già per strada.

            Quando arriva sulla scena del crimine, sulla baia, ci trova uno dei suoi uomini migliori: un veterano disincantato ormai sull’orlo della pensione.

-Di che si tratta, Harry?- gli chiede.

Puoi vederlo da te, Bree. È stato recuperato stamattina,- indica un cadavere steso poco lontano –Gli avevano legato addosso dei pesi ma si sono sciolti ed è risalito e la corrente l’ha portato verso riva, Non deve essere stato in acqua a lungo, è ancora ben conservato, diciamo così.-

-Causa della morte?-

            L’altro sogghigna.

Il Medico Legale non è ancora arrivato, ma non credo di sbagliare dicendo che è stato strangolato.- indica ancora il cadavere e Bree Morrell si china ad esaminarlo: il volto è livido, gli occhi fuori dalle orbite, la lingua fuori dai denti. Il collo è stretto da una specie di laccio di stoffa annodato in più punti.

-Un Rhumal…- mormora Bree -… l’arma dei Thugs.-

-Chi?-

-I Thugs, una setta segreta che imperversò nell’India dell’800 finché le autorità britanniche non riuscirono a debellarla. Erano fanatici della dea Kali e praticavano il sacrificio umano rituale. Quando uccidevano non spargevano sangue ed usavano un fazzoletto annodato come questo. Il termine thug che in America si usa per indicare i banditi prezzolati deriva proprio da loro. Non dirmi che davvero non lo sapevi, Harry. Ci hanno fatto dei film, scritto dei libri.-

-Non vado quasi mai al cinema e detesto i thriller.-

            Bree si stringe nelle spalle.

-Mi stai dicendo che questo è un delitto rituale di una setta di fanatici indiani?- le chiede ancora Harry.

-Ti sto dicendo che è possibile. C’era una setta di adoratori di Kali che ha agito per un po’ a New York e Los Angeles, forse sono ritornati in azione.-

            Sabrina riflette: forse è il caso di parlarne con la Donna Ragno ed il Sudario che hanno avuto a che fare col Culto di Kali in passato. La prima sa come trovarla, quanto al secondo. in assenza di un Sudario-Segnale forse potrebbe passare la dritta a quel tizio che gestisce il Black Cat Club o magari Jessica può darle una mano.

            I suoi superiori non approvano molto i contatti coi vigilanti in costume ma lei ha imparato ad apprezzarne l’aiuto quando è necessario e farà tutto ciò che deve per trovare questi assassini.

 

            Mio padre appare davanti a noi uscendo da un pannello dissimulato in una parete.

-Mi hai deluso, Shang Chi.- dice scuotendo la testa –Ero convinto che ti saresti battuto lealmente contro tuo fratello.-

-Parla quello che ha mandato cinquanta assassini contro due uomini e una donna.- interviene Clive Reston –Ti pare sportivo?-

            Mio padre solleva appena un labbro poi replica:

-In guerra ogni mezzo è lecito, Mr. Reston… e la nostra è una vera guerra, ne converrà- D’altra parte, siete ancora vivi no?-

-Non certo grazie a te, pazzoide. Adesso chi mi impedirà di piazzarti una pallottola in mezzo alla fronte?-

-La sportività di cui parlava, forse? La sua riluttanza a sparare contro un uomo apparentemente disarmato o forse il timore che io sia una sorta di illusione, un sosia o altro ancora e che una pallottola ben piazzata non servirebbe a niente? Me lo dica lei.-

-Al diavolo!- esclama Black Jack Tarr –Se tu non hai il fegato, ci penserò io.-

            Prima che Tarr possa premere il grilletto, ecco che le pareti della grande sala vengono abbattute e numerosi uomini armati entrano sparando ed abbattendo spietatamente chiunque si muova tranne il nostro gruppetto.

            Tra il fumo e la polvere emerge una donna che si dirige verso di noi. È una donna molto bella, dal corpo flessuoso come quello di una pantera, lunghi capelli neri e occhi magnetici. Io la conosco molto bene: è mia sorella.

-Shang Chi… padre… è un piacere rivedervi… così come lo è incontrare il mio altro fratellastro.- dice in tono molto tranquillo, quasi divertito mentre il suo sguardo cade su ombra Mobile che si sta rialzando.

-La mia figlia degenere.- fu Manchu non sembra impressionato –Speravo che avessi visto la luce e volessi unirti a me, ma vedo che è impossibile.-

-Non c’è posto per entrambi in questo mondo, lo sai, padre, e questo significa che tu devi cadere.-

-Può darsi… ma non oggi.-

            La figura di mio padre diviene sempre più trasparente fino a scomparire mentre nella sala rimane l’eco della sua risata.

-Nostro padre ha sempre amato le uscite teatrali.- commenta Fah Lo Suee, poi si rivolge a me –e tu, Piccolo Spirito? Che dovrei fare di te e dei tuoi amici?-

-Non intendi ucciderci? Certo le altre volte che ci hai provato, non ti è riuscito tanto bene.- le si rivolge, sprezzantemente, Reston.

            Mia sorella sorride divertita.

-Clive Reston, il mio focoso agente segreto britannico preferito. Ti trovo in forma dal nostro ultimo incontro. Il mio bacio allora ti ha scosso, non è vero? [8]  Ti piacerebbe se ti baciassi ancora, Clive?-

-Preferirei baciare un cobra.-

-Che ingrato verso chi ti ha appena salvato la vita. Forse dovrei davvero farvi uccidere tutti qui e adesso, mi sbarazzerei di nemici molto aggressivi e determinati. Tuttavia… in fondo sono una sentimentale. E forse mi ha fatto piacere che tu sia sopravvissuto al nostro ultimo appuntamento mio bel Reston.-

            Fah Lo Suee allunga la mano destra dalle lunghe unghie laccate verso Reston per accarezzargli il volto, ma lui si scosta.

            Mia sorella ride e fa un gesto verso i suoi uomini, che puntano verso di noi delle strane armi. Un attimo dopo su di noi scende il buio.

 

            I numerosi passaporti che usa riportano diversi nomi: Paul Dennis, Paul Denning, P. L. Dean ed altri ancora, uno per ogni emergenza, ma il solo nome a cui risponda davvero è quello che si è scelto da solo, Paladin.

            Seduto nel salotto del suo attico di Manhattan riflette sulla sua vita e sulle sue scelte. Forse dovrebbe davvero accettare quell’incarico che gli hanno proposto. Forse allontanarsi da lei, dalla Vedova Nera, gli può fare solo bene.

            Dopo un breve attimo di esitazione, compone un numero sul suo cellulare criptato e dopo pochi squilli dice:

-Sono io… sono pronto.-

 

 

4.

 

 

            Il Comandante Paul Carson, uomo di punta del Dipartimento di Polizia di San Francisco, si sta facendo una doccia corroborante prima di iniziare la dura giornata che lo aspetta. Lascia che l’acqua calda gli scorra lungo tutto il corpo sperando che lavi via anche le sue insicurezze

            Terminata la doccia, Carson si sbarba accuratamente e si spruzza in viso un dopobarba leggero, poi entra in camera da letto e comincia il rito della vestizione. Dall’armadio tira fuori l’uniforme buona, quella che si mette solo nelle occasioni importanti ed al proprio funerale: color blu scuro, camicia bianca e cravatta blu scuro, Assicura alla cintura la fondina ascellare con la pistola d’ordinanza ed infila la giacca sulle cui spalline spicca la stella dorata che indica il suo grado abbottonandosi con cura i bottoni dorati. Sul lato sinistro della giacca si appunta il distintivo con la stella a sette punte dorata e su quello destro alcune decorazioni guadagnate sul campo, infine si infila sul capo il berretto con visiera.

            Non molto dopo eccolo arrivare al Quartier Generale, la Thomas J. Cahill Hall of Justice, Il palazzo che oltre ad essere la sede centrale del Dipartimento di Polizia cittadino è anche sede della sua Stazione Sud, della Commissione di Polizia, del Dipartimento dello Sceriffo, del Medico Legale, della sezione locale della California Highway Patrol, della prigione della Contea e dei principali uffici giudiziari.

            Quando Carson entra nell’edificio è l’ora del cambio turno e non c’è da stupirsi se l’ingresso è pieno di gente, anche se naturalmente non è solo questo il motivo.

-Paul, di qua.-

            A chiamarlo è stato il suo vecchio mentore, Robert O’Hara attuale presidente della Commissione di Polizia, l’organismo che supervisiona il Dipartimento, ed uno dei più stimati e rimpianti capi che il SFPD abbia avuto. I suoi uomini lo chiamavano Ironguts sia per il coraggio personale che per il carattere burbero da vero irlandese. Paul Carson era stato per lui il figlio che non aveva mai avuto. Al suo fianco, anche lui in uniforme, il Capo della Polizia, decisamente tirato a lucido. Vicino a loro lo Sceriffo Higan, non certo un campione di simpatia, il comandante della divisione della CHP, il Procuratore Distrettuale ed un mucchio di altra gente tra cui tanti, forse troppi, giornalisti.

-Coraggio, figliolo…- gli sussurra O’Hara in un orecchio –Questo supplizio finirà presto.

            Il Capo della Polizia sale sul podio delle conferenze stampa e comincia a parlare-

-Signore e signore della Stampa, siete stati convocati qui per un annuncio della massima importanza. San Francisco diversamente da altre città americane, non ha mai avuto una grande popolazione superumana. Certo, per un certo periodo abbiamo avuto tra noi Devil e la Vedova Nera e poi la Donna Ragno, ma a parte, diciamo così, visite occasionali, per anni non abbiamo avuto problemi con supereroi e supercriminali. Negli ultimi tempi, però diversi supereroi e supercriminali hanno fatto di San Francisco la loro dimora. Penso al Ragno Rosso, la Donna Ragno, Prowler, Sudario, Tarantula Nera, Hobgoblin. È diventato necessario prendere provvedimenti al riguardo. Per questo La Commissione di Polizia ha autorizzato la creazione di una speciale task force di tipo SWAT addestrata per contrastare criminali superumani. Questa task force sarà guidata da uno dei migliori ufficiali del Dipartimento. Ho il piacere di presentarvi il Comandante Paul Carson.-

            Applausi salgono dal pubblico mentre, quasi riluttante, Paul Carson si avvicina al podio.

           

            Nina McCabe atterra all’aeroporto internazionale di Nuevo Laredo in Messico. Il suo passaporto a nome Belinda Swann regge ai controlli ed il suo bagaglio con le armi non viene nemmeno controllato. Si dice che la polizia messicana sia corrotta o corruttibile. Forse è un’esagerazione ma come in tutte le esagerazioni c’è un fondo di verità.

            Nina recupera il bagaglio e sale su un taxi per farsi portare al suo hotel. C’è un uomo in questa città, un uomo che deve uccidere, un uomo che saprà presto che in città c’è una giovane americana ed è proprio quello che lei vuole.

 

            Parigi è sempre Parigi, dice un vecchio detto e l’uomo che è appena sceso da un aereo proveniente dagli Stati Uniti non è nuovo a questa città, la città degli innamorati, la Città delle Luci, la città degli intrighi

            L’uomo dimostra circa trent’anni, ha i capelli castani e gli occhi chiari e attenti. Indossa un completo marrone chiaramente fatto su misura ed ha con sé una pratica valigetta.

Ha appena sbrigato le formalità doganali e riposto il passaporto nella tasca interna della giacca che una mano si posa sulla sua spalla destra e una voce con gli chiede:

-Monsieur Dean? Monsieur Patrick Louis Dean?-

            Chi ha parlato lo ha fatto in Inglese ma con un pesante accento francese ed è in quella lingua che l’interpellato, voltandosi, risponde, sfoggiando un passabile accento parigino:

-Così c’è scritto sul mio passaporto. Chi vuol saperlo?-

            Davanti a lui due uomini vestiti di nero, occhi nascosti da occhiali scuri. Un occhio esperto come quello dell’americano capisce subito che sotto le giacche si nascondono delle pistole.

-Amici.- risponde uno dei due –Siamo venuti ad invitarla a fare una passeggiata.-

-Come potrei rifiutare un invito così gentile?- replica l’uomo che si fa chiamare P.L. Dean ed esce dall’aeroporto con i due uomini che si pongono ai suoi fianchi.

 

 

5.

 

           

L’obitorio della Città & Contea di San Francisco si trova nel Palazzo di Giustizia assieme a molti altri uffici, lo abbiamo già detto. Nelle sue stanze al momento non c’è nessuno… a parte una figura incappucciata ed avvolta in un nero mantello che apre con sicurezza il cassetto dov’è custodito un certo cadavere in attesa di autopsia, cosa che non avverrà tanto presto, visto che il Medico Legale ha molti casi più urgenti di cui occuparsi.

Il misterioso incappucciato, meglio noto in certi ambienti come Sudario, esamina il cadavere in un modo del tutto peculiare. Il Sudario è cieco, ma il mistico rituale in cui è rimasto accecato lo ha dotato di percezioni ben oltre quelle dei normali esseri umani ed è grazie a loro che ha la certezza che la morte dell’uomo è stata provocata dal Culto di Kali. Sono tornati, dunque, e sta a lui scoprire quali siano i loro scopi.

-Ehi tu, che stai facendo? Fermo!-

            Uno dei Vice Sceriffi addetti alla sicurezza del palazzo. Se non fosse stato distratto dall’esame del cadavere, l’avrebbe sentito arrivare prima, pensa il Sudario, oh beh, ormai ha saputo quel che voleva sapere.

            Si avvolge nel suo mantello e lascia che una cappa di Forza Oscura lo copra completamente.

-Ma cosa?- il Vice Sceriffo è semplicemente stupefatto e lo è ancora di più quando la cappa d’ombra si dissolve lasciando solo la silhouette del Sudario che si sfalda a poco a poco per svanire infine senza lasciare tracce.

 

            Elektra sbarca all’aeroporto di Tucson, un volo breve da Las Vegas tutto sommato. Il motivo del viaggio è semplice: è stata contattata per un lavoro ed ha deciso di accettarlo, ma il suo committente vuol vederla di persona. Cosa strana, di solito evitano il contatto diretto e qualunque cosa possa collegarli a lei: negazione plausibile la chiamano. In ogni caso, bisogna dire che il suo committente è già di suo un tipo insolito.

-Vuoi che ti accompagni baby?- le chiede John Garrett.

-So cavarmela benissimo da sola, Garrett, dovresti saperlo…- risponde lei -… e non chiamarmi più baby o la prossima cosa che dovranno sostituirti sarà la lingua.-

-Come vuoi tu, ba… Elektra.-

Nel replicare Garrett fa un lieve sogghigno, ma Elektra già non gli bada più. È concentrata sull’imminente missione, certo, ma per quanto si sforzi di non esserlo, non può non sentirsi preoccupata per i suoi amici.

Glielo avevano detto: quelli come lei non possono permettersi amici o amanti. In parole povere, non si possono concedere sentimenti, Lei ha contravvenuto alla regola ma il prezzo del suo errore potrebbero pagarlo altri e questo è duro da accettare,

 

Che il suo nome sia Nina McCabe o Belinda Swann, c’è una cosa che la giovane donna bionda sa ed è che per lei l’età dell’innocenza è passata per sempre. Gli Stati Uniti sono oltre il ponte che può vedere dalla finestra della sua camera d’albergo, uno dei tanti che collegano Nuevo Laredo, nello Stato Messicano del Tamaulipas, con Laredo, Texas. Solo poche miglia, ma per lei è come se fosse sulla Luna.

            Senza fretta Nina indossa la calzamaglia nera modellata su quella di Elektra che è il suo costume da battaglia e su di essa indossa una camicetta bianca e dei pantaloni attillati neri. In questo momento quel che le serve è che le sue curve siano ben evidenziate così da distrarre lo sguardo altrui. Controlla il suo equipaggiamento. Niente katana o sai, impossibile portarseli dietro, ma ci sono altre armi che può nascondere su di sé. Finalmente esce, pronta, o almeno lo spera, all’incontro decisivo.

            Ha 18 anni, dovrebbe pensare ai ragazzi, ai vestiti o alla scelta dell’Università, invece sta preparandosi ad uccidere un uomo che nemmeno conosce.

 

 

FINE SESTA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Poche note stavolta:

1)     Yuri Brevlov, già colonnello del KGB, è un personaggio creato nell’ormai lontano agosto 1968 da Archie Goodwin & Roy Thomas e Marie Severin & George Tuska su Incredible Hulk Vol. 1° #106. Agente segreto ma con una coscienza, Brevlov è stato ripreso dal sottoscritto che ne ha fatto il direttore della sezione russa dello S.H.I.E.L.D.

2)     Gli eventi a cui accenna Brevlov sono avvenuti in The Others #29/34 non perdeteli.

3)     Le avventure della Vedova Nera proseguono, almeno per un po’, su Devil, che vi invito, non molto disinteressatamente, a leggere.

4)     I dettagli dell’incarico di Elektra verranno rivelati su Occhio di Falco 17. Indovinate un po’: vi invito a leggerlo. -_^

5)     C’è chi mi accusa di fare troppe scene con donne sotto la doccia, ebbene, in quest’episodio c’è una scena con un uomo sotto la doccia. -_^

Nel prossimo episodio: problemi di famiglia per Shang Chi, il Sudario a caccia di un culto di assassini, Paladin a Parigi, il Cigno Nero alla sua seconda missione e… Elektra di nuovo a New York? Inutile dirvi di non mancare.

 

 

Carlo



[1]Tovarish Polkovnik, ossia Compagno colonnello

[2] Il servizio di sicurezza interno russo

[3] Come visto su The Others 30.

[4] Per chi se lo chiedesse, è un termine latino di uso comune nel linguaggio diplomatico per indicare un membro del corpo diplomatico a cui sono stare ritirate le credenziali e di cui si chiede l’allontanamento dallo stato ospitante.

[5] Nello scorso episodio

[6] Definizione un po’ tropo semplificata, forse, ma questo è un racconto, non un trattato.

[7] Smith & Wesson per voi ignoranti in materia di armi. -_^

[8] Nell’episodio #25 di questa serie, prima di essere catturata dallo S.H.I.E.L.D. Fah Lo Suee riuscì a baciare Reston trasmettendogli tramite il suo rossetto un veleno micidiale a cui lui è sopravvissuto a stento.